(tratto da Silenzio, ne "Il vocabolario di Papa Francesco", 2015)
Ormai dieci anni fa scrivevo queste cose a proposito di Papa Francesco e il silenzio:
Sono molte le parole che caratterizzano il pontificato di papa Francesco ma, assieme a esse, altrettanta importanza va riconosciuta ai momenti in cui le parole sono assenti. Spesso è proprio in quelle occasioni di silenzio che l’azione del papa si mostra in tutta la sua portata dirompente.
Il pontificato di papa Francesco è iniziato con il silenzio. Nessuno può dimenticare quella serata del 13 marzo del 2013 quando, subito dopo l’habemus papam del Card. Tauran, apparve Francesco che, di fronte a una piazza San Pietro colma di persone e schermi di telefonini pronti ad immortalare l’evento, chiese ai presenti di invocare su di lui la benedizione di Dio, in silenzio.
Il papa inchinato di fronte a migliaia di persone in raccoglimento - il suo popolo - è immagine icastica del pontificato.
Fare posto all'altro
Il silenzio è una dimensione essenziale dell’azione di Francesco. Un silenzio inteso non solo come assenza di “parola detta” ma come creazione di una dimensione che dà voce e fa posto all’altro della relazione. Il papa neoeletto, come prima azione, ha chiamato in causa il suo popolo. Colui che di solito benedice ha chiesto di essere benedetto e, attraverso quella richiesta di preghiera silenziosa, è come se avesse fatto salire il popolo con lui sulla loggia delle Benedizioni, rendendolo protagonista.
Si sente spesso dire che papa Francesco ha grandi doti di comunicatore. È vero ma nella misura in cui per comunicazione intendiamo la capacità di stabilire relazioni significative. Papa Bergoglio non è un comunicatore solo nel senso del grande diffusore di messaggi – in cui è comunque particolarmente efficace – egli è piuttosto un uomo capace di entrare in sintonia con l’interlocutore, attraverso un costante processo di “dare voce” all’altro affinché nella relazione trovi il suo posto.
L'altro al centro
Lo abbiamo visto in una delle prime Messe a Santa Marta dove si vide fotografato mentre in silenzio si raccoglieva prima della celebrazione. Stava lì in uno dei banchi (né il primo né l’ultimo) in una posizione normale, accanto agli altri fedeli presenti, come uno tra loro. Solitamente lo spazio più importante è l’altare, dove si svolge il rito, ma la Santa Messa è anche nei banchi, dove c’è un popolo che assiste e partecipa. Il papa-celebrante che si prepara e prega tra i fedeli, ancora una volta nel silenzio, stava in qualche modo portando in primo piano l’altro della relazione, ricordando la dimensione comunitaria che caratterizza ogni sacrificio eucaristico.
Non è un caso che nel suo primo messaggio per le comunicazioni sociali (quello del 2014) affrontò proprio il tema della “cultura dell’incontro”. Il fondamento della comunicazione secondo Francesco è “l’altro”, il diverso da noi. Solo a partire da lui, solo dandogli voce e ascolto, ci può essere vera comunicazione. Una prospettiva che a ben vedere si spinge oltre quelle visioni della comunicazione che, anche quando animate da intenti dialogici, in fin dei conti si concentrano soprattutto sulle capacità del soggetto comunicante. Per papa Bergoglio invece è “l’altro” il vero protagonista: se voglio comunicare devo anzitutto incontrarlo, ascoltarlo, capirlo, e per farlo ho bisogno di tempo, di lentezza, di silenzio.
Il silenzio torna anche nell’immagine fondamentale del secondo messaggio delle comunicazioni sociali (quello del 2015) quando Francesco individua nel grembo della madre e nel rapporto con il suo bambino la “prima scuola di comunicazione”. Un luogo “dove cominciamo a familiarizzare col mondo esterno in un ambiente protetto”, in una dimensione fatta di ascolto, di contatto corporeo, senza parole, in un silenzio in cui risuona il battito rassicurante del cuore della mamma.
L'incontro, anche senza parole
Nel silenzio c’è lo spazio per l’altro, c’è la possibilità di avvicinarsi e di creare legami, nel "qui e ora" della situazione reale. Il modo di procedere di papa Francesco non si potrebbe descrivere meglio. È qualcosa che vediamo accadere ogni mercoledì nelle udienze generali. La parte più importante della catechesi non è nelle sue parole – che pure sono sempre significative – ma nel momento in cui fa il giro della piazza a bordo della papa-mobile, salutando le persone, sorridendo, incrociando sguardi, ricevendo doni, baciando bambini, assaggiando il mate o scambiandosi la papalina. È in quel momento che, senza parole, il papa “fa posto” alla piazza, dà voce ai presenti, portandoli in primo piano, quasi a volerli rendere protagonisti della situazione, uno a uno.
Nell’assenza di parole sono avvenuti alcuni dei momenti più importanti di questo pontificato. Ad esempio l’abbraccio con il papa emerito Benedetto XVI quando, per la prima volta nella storia, tutti ci siamo trovati di fronte a un avvicendamento di papi in vita. Quel primissimo incontro tra i due successori di Pietro non ha avuto bisogno di commento né di didascalie, c’era in esso tutta la vitalità della Chiesa, c’era la fraternità , la paternità , la reciproca stima e, con esse, il senso del ministero petrino. Senza alcuna parola si sono dissolte persino le preoccupazioni che qualcuno aveva espresso per la situazione inedita di “due papi” viventi.
Dare voce agli ultimi
Così come nessuno può dimenticare il silenzio di Francesco mentre lasciava cadere nel mare di Lampedusa la corona di fiori bianchi in ricordo dei migranti naufragati. Quel gesto silenzioso – da ricordare che in quel periodo i profughi erano assenti dalle prime pagine dei giornali – ha dato voce e riportato in primo piano il dramma di tante persone scomparse nel cercare un’occasione di vita.
Anche l’inchino silenzioso di fronte a Bartolomeo I in Turchia, a cui il patriarca di Costantinopoli ha risposto con un paterno bacio sulla testa, è stato pieno di significato. Chiedendo la benedizione a un esponente della Chiesa d’Oriente, da secoli divisa da Roma, papa Francesco ha incarnato senza alcun bisogno di discorsi quel “presiedere nella carità ” che è il primato di Roma: non una primazia di potere ma il potere dell’esempio di chi si avvicina per primo.
In tutti è rimasta impressa l’immagine dell’automobile del papa che per le strade del Brasile viaggiava con il finestrino aperto, quasi a esprimere di non voler alcuna separazione - fosse anche solo un vetro - tra lui e la gente.
Di momenti di silenzio così ce ne sono stati innumerevoli, è impossibile riportarli tutti. Sono momenti che, nella loro assenza di parole, hanno detto tanto quanto le encicliche, le catechesi, i messaggi. Sono silenzi che cambiano perché sono vita, relazione reale tra persone reali, lasciano traccia nel cuore delle persone.
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