di Bruno Mastroianni, articolo completo su ExAgere.it
Si possono adulterare le posizioni dell’altro, cioè costruire fantocci, fondamentalmente in quattro modi: ipersemplificando, estremizzando, decontestualizzando, ridicolizzando.
Vediamo un esempio:
Affermazione di partenza: “Su ogni cosa si può discutere, non esistono argomenti indiscutibili”
Ipersemplificazione: “Quindi sei per una Babele di discorsi contrapposti”.
Estremizzazione: “Stai dicendo quindi che non ci sono verità , questo è relativismo!”.
Decontestualizzazione: “E come la mettiamo con le leggi? Discutiamo anche l’illiceità dell’omicidio?”.
Ridicolizzazione: “Bella idea, così a forza di discutere all’infinito finalmente ci stuferemo anche di capire”.
Ognuna di queste riformulazioni deformanti ha una sua precisa caratteristica. Nella ipersemplificazione (che potremmo meglio chiamare riduzione) si riformula l’argomentazione iniziale scegliendone una sola parte e troncando il collegamento con altri aspetti. Il “si può discutere di ogni cosa” è diventato “una Babele di discorsi contrapposti” cioè si è fatto un fantoccio ridotto ai soli casi delle discussioni che non vanno a buon fine provocando confusione.
L’estremizzazione usa lo stesso metodo della riduzione, ma impiega l’elemento selezionato per generalizzarlo o portarlo a conseguenze estreme, conducendo lontano dagli intenti dell’affermazione iniziale. In questo caso il “si può discutere su tutto” è stato estremizzato in un “non ci sono verità ”.
La decontestualizzazione si basa sul prendere come negli altri casi solo una parte dell’affermazione applicandola a un contesto differente, di solito poco pertinente, in modo che la consequenzialità suscitata artificialmente porti a un paradosso o a una contraddizione. In questo caso si sceglie di tirare in ballo l’omicidio e il contesto della legge cercando di presentare la contestazione o il rifiuto di una norma come conseguenza di una “discussione possibile”.
Ridicolizzare è una forma simile alle altre che aggiunge anche un tono ironico e sbeffeggiante. Nell’esempio riportato è di fatto un’estremizzazione (“discutere all’infinito”) di cui ci si prende gioco.
Attraverso questi esempi si può notare che alla base di ogni mossa dell’argomento fantoccio c’è fondamentalmente una riduzione, cioè prendere una parte di ciò che è stato detto per usarla come elemento deformante dell’argomento. Ora, l’unica vera contro-argomentazione efficace di fronte a una riduzione non è tanto contestarla, quanto concentrare le energie dialettiche per un ritorno alla complessità della tesi iniziale. È proprio osservando la procedura di riduzione che si può percorrere la stessa strada, ma al contrario: riconoscere l’intelaiatura del fantoccio permette di scucirla per farlo afflosciare su se stesso, mostrando allo stesso tempo agli astanti la sua natura artificiale.
Capire il costruttore di fantocci
Prima di vedere come “scucire il pupazzo” però, c’è bisogno di valutare anche il secondo livello di analisi a cui accennavamo: gli scopi che stanno dietro la mossa effettuata dal “fabbricatore di fantocci”. In una discussione online si può intervenire in base a molti scopi che si possono ricondurre a tre categorie fondamentali: contribuire alla discussione, affermare la propria posizione oppure disturbare.
Nella prima categoria di scopi rientrano quegli atteggiamenti secondo i quali un interlocutore, pur servendosi di una mossa sleale come quella del fantoccio, in realtà la compie con l’intento di contribuire alla discussione. Non è detto infatti che alla scompostezza della mossa, che è una vera e propria fallacia, corrisponda un’intenzione per forza negativa o distruttiva. A volte un argomento fantoccio spunta semplicemente perché chi replica non è in grado di sostenere una confutazione davvero pertinente e ha l’istinto a portare vicino alle proprie categorie i termini di una questione per poterla criticare con più facilità .
Il secondo tipo di scopo, quello di affermare la propria posizione, è più insidioso. Spesso si presenta in modo nascosto o inconsapevole: lo scopo apparente sembra quello di voler criticare per contribuire, mentre a muovere davvero la critica è la voglia di porsi come più intelligente, informato, scaltro, consapevole, ecc. Senza contare poi quante volte il fantoccio viene usato come vero e proprio atto di dominanza sull’altro per farlo sentire in posizione inferiore o di difetto.
Il terzo tipo è quello più facilmente individuabile: la voglia di disturbare, di insultare, di rovinare una discussione. Rientrano in questo le pratiche del discredito, dell’espressione di odio, l’aggressione verbale gratuita, ecc. In questi casi attraverso il fantoccio si vuole travisare il discorso per portarlo alla sua distruzione.
Potremmo dire che vale la pena dare una risposta a un argomento fantoccio online se e solo se si presenta con il primo tipo di scopi, quelli legati cioè al contribuire alla discussione. Anche se poi lo scopo è mischiato con altri scopi o è solo apparente per coprirne uno nascosto: anche in quel caso può avere un qualche senso dare seguito. Rispondere invece a un fantoccio creato per posizionarsi o per insultare è davvero molto poco utile: avvia una di quelle interazioni che non porteranno da nessuna parte né per il fabbricatore di fantoccio, né per gli altri che stanno leggendo. Molto meglio ignorare e lasciar cadere.
Scucire il fantoccio
A quella sugli scopi va sempre però aggiunta la riflessione sul tipo di fabbricazione del fantoccio, cioè sulla sua argomentazione. Se per come è costruito, al di là dello scopo per cui è fatto, può essere un’opportunità per aggiungere qualcosa al proprio discorso, allora l’occasione va colta. Esiste cioè anche la possibilità che il fantoccio costruito con l’intento di indebolire possa invece trasformarsi nel miglior modo di rinforzare la propria argomentazione grazie alla possibilità di ribaltamento che offrono le sue modalità riduttive, estremizzanti, decontestualizzanti o ridicolizzanti.
Proviamo allora a riprendere gli esempi di prima per capire se in essi esistono occasioni di risposte ribaltanti che possano essere un rinforzo alla propria argomentazione:
Ipersemplificazione: “Quindi sei per una Babele di discorsi contrapposti”.
Risposta: “Piuttosto proporrei un’Atene di discorsi democratici”.
In questo caso individuati in “Babele” e in “discorsi contrapposti” i due elementi di semplificazione, se ne producono due uguali e contrari (“Atene” e “discorsi democratici”) per tornare ad allargare il campo visivo e riprendersi la dignità del discutere. In un sol colpo si mostra quanto la prospettiva Babele sia solo una visione ridotta (svelando la natura del fantoccio) e lo si fa proponendo un’immagine di città alternativa che permetta di ritornare al tema della discussione come confronto e non solo come litigio che fomenta incomprensione.
Estremizzazione: “Stai dicendo quindi che non ci sono verità , questo è relativismo!”.
Risposta: “Se non ci fosse alcuna verità , che senso avrebbe discutere?”.
Qui il fulcro è portare il concetto di “possibilità di discutere” a una conseguenza estrema (“non ci sono verità ”) che in realtà non deriva dalle premesse dell’argomentazione. Allora la contromossa è riprendersi il concetto di verità per ricollocarlo nel suo giusto posto rispetto alla discussione. Un modo anche per smarcarsi anche dall’accusa di relativismo.
Si potrebbe procedere allo stesso modo anche con la decontestualizzazione, magari servendosi proprio del concetto di norma facendo notare che è essa stessa frutto di una discussione. E così via con la ridicolizzazione prendendo quel “discutere all’infinito che fa perdere la voglia di capire” e mettendolo a paragone con il “discutere ogni volta che serve” che è uno dei principi del metodo scientifico, un buon modo per capire le cose. Insomma la sostanza è non rispondere o ribellarsi al fantoccio fatto e completo, ma lavorare sulla struttura che lo ha messo in piedi per decostruirla e ritornare titolari dell’argomentazione.
L’argomento fantoccio in una discussione online è in fin dei conti una sfida all’identità dell’interlocutore che si ritrova a essere rappresentato di fronte al pubblico da parole e ragionamenti che non sono i suoi. Attaccare quella forma e cercare di dibattersi in essa non fa superare la prova a cui si è sottoposti: aggrava il disagio. L’unica strada è quella di mostrare con la propria replica non tanto il rifiuto di forme non adeguate, ma attraverso la decostruzione di esse, quella di riportare sotto gli occhi degli altri la qualità indeformabile che hanno i pensieri quando sono ben espressi.
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