Nello scenario altamente differenziato della connessione in rete sarebbe illusorio pretendere di tenere sotto controllo l’accordo preliminare tra i discutenti. Pensare di poter discutere solo con chi ha reali intenzioni di confrontarsi, sebbene opportuno in situazioni controllate, è impossibile da realizzare online, dove l’assenza di selezione all’ingresso è la base su cui si fonda la partecipazione alla discussione. Applicare una “nuova selezione” significherebbe solo chiudere le discussioni in cerchie ristrette, cosa di un certo sollievo per i discutenti impegnati, ma di nessun effetto sul dibattito aperto che continuerebbe con le sue caratteristiche scomposte.
Anche il richiamo ai buoni principi della discussione di per sé non serve a molto: se le persone commentano in modo istintivo, aggressivo e con modalità inopportune, è inutile farglielo notare, perché quelle modalità deragliate sono esse stesse l’espressione di un disagio: se bastasse fare riferimento a principi non si capisce perché dovrebbero esprimersi in tal modo.
Non rimane che percorrere una terza via, anche questa “per sottrazione” come le precedenti: perdere l’illusione di poter controllare le discussioni e invece accettare di affrontarle per quel che si può portare come proprio personale contributo. Anche in questo criterio c’è di fondo il valore del limite: riconoscere ciò che si può realmente fare è di solito riuscire a dare un contributo davvero utile.
La disputa felice
In un precedente testo (Bruno Mastroianni, La disputa felice, Cesati, 2017) è stato delineato un vero e proprio percorso adatto a tutti per riuscire a stare nelle discussioni, qualsiasi discussione, in modo soddisfacente senza perdere tempo e, soprattutto, apportando davvero qualcosa.
Anche il richiamo ai buoni principi della discussione di per sé non serve a molto: se le persone commentano in modo istintivo, aggressivo e con modalità inopportune, è inutile farglielo notare, perché quelle modalità deragliate sono esse stesse l’espressione di un disagio: se bastasse fare riferimento a principi non si capisce perché dovrebbero esprimersi in tal modo.
Non rimane che percorrere una terza via, anche questa “per sottrazione” come le precedenti: perdere l’illusione di poter controllare le discussioni e invece accettare di affrontarle per quel che si può portare come proprio personale contributo. Anche in questo criterio c’è di fondo il valore del limite: riconoscere ciò che si può realmente fare è di solito riuscire a dare un contributo davvero utile.
La disputa felice
In un precedente testo (Bruno Mastroianni, La disputa felice, Cesati, 2017) è stato delineato un vero e proprio percorso adatto a tutti per riuscire a stare nelle discussioni, qualsiasi discussione, in modo soddisfacente senza perdere tempo e, soprattutto, apportando davvero qualcosa.
5 mosse per disputatori felici
La strada è quella di lavorare principalmente su sé stessi e i propri limiti:
- limitarsi a intervenire dove si è realmente competenti e si ha esperienza diretta, secondo la massima di Grice della sincerità;
- farlo avvicinando le proprie espressioni, i propri argomenti, i propri ragionamenti all’altro che ascolta e al suo mondo di convinzioni, insomma riconoscere “il mondo” dell’altro;
- rimanere sempre sul tema e tornarci continuamente, chiaramente argomentando, anche quando l’altro offende, provoca, insulta;
- avere la pazienza di spiegare e rispiegare sempre, e avere anche la creatività di cambiare l’ordine dei propri ragionamenti abituali, sovvertendoli, modificandoli e accettando di metterli alla prova di fronte al dissenso altrui;
- coltivare l’autoironia e il distacco da sé stessi e dalle proprie convinzioni cercando sinceramente di imparare sempre qualcosa dal dissenso altrui.
Il tutto con un’idea chiara in mente: non ogni discussione riuscirà, ma il fatto di porsi in ciascuna come un disputatore disposto al collaudo delle proprie idee ha sempre un effetto sociale. Anche se l’interlocutore diretto non ne vorrà sapere e rimarrà nell’ostilità delle sue posizioni contrapposte, ognuna di queste interazioni online avverrà sempre in pubblico e di fronte a un pubblico di altri utenti che assiste. Quella moltitudine silenziosa potrà, dal modo con cui si argomenta, farsi una sua idea sui contendenti e sulle loro argomentazioni, recepire informazioni, conoscere nuovi aspetti, ecc.
- limitarsi a intervenire dove si è realmente competenti e si ha esperienza diretta, secondo la massima di Grice della sincerità;
- farlo avvicinando le proprie espressioni, i propri argomenti, i propri ragionamenti all’altro che ascolta e al suo mondo di convinzioni, insomma riconoscere “il mondo” dell’altro;
- rimanere sempre sul tema e tornarci continuamente, chiaramente argomentando, anche quando l’altro offende, provoca, insulta;
- avere la pazienza di spiegare e rispiegare sempre, e avere anche la creatività di cambiare l’ordine dei propri ragionamenti abituali, sovvertendoli, modificandoli e accettando di metterli alla prova di fronte al dissenso altrui;
- coltivare l’autoironia e il distacco da sé stessi e dalle proprie convinzioni cercando sinceramente di imparare sempre qualcosa dal dissenso altrui.
Il tutto con un’idea chiara in mente: non ogni discussione riuscirà, ma il fatto di porsi in ciascuna come un disputatore disposto al collaudo delle proprie idee ha sempre un effetto sociale. Anche se l’interlocutore diretto non ne vorrà sapere e rimarrà nell’ostilità delle sue posizioni contrapposte, ognuna di queste interazioni online avverrà sempre in pubblico e di fronte a un pubblico di altri utenti che assiste. Quella moltitudine silenziosa potrà, dal modo con cui si argomenta, farsi una sua idea sui contendenti e sulle loro argomentazioni, recepire informazioni, conoscere nuovi aspetti, ecc.
Il divulgatore non b(l)asta
In Tienilo acceso abbiamo ulteriormente sottolineato come la modalità della disputa felice sia importante per divulgatori e istituzioni: online c’è bisogno che proprio i competenti diano l’esempio, sappiano stare nel dissenso e mettersi alla prova di fronte a esso, soprattutto quando scomposto.
In quelle dispute condotte con garbo e ragionamenti, senza blastare (cioè senza umiliare l’altro che mostra un’incompetenza), ma offrendo argomentazioni e prendendo sul serio le istanze che vengono dalle persone, anche quando mal poste, c’è l’occasione di ricostruire relazioni sociali di fiducia nei confronti della ragione e della conoscenza.
Quella della disintermediazione e del sovraccarico di discussioni, in fondo, è come un’enorme messa alla prova del sapere: a nostro avviso va accettata, pena lasciare il campo a chi saprà approfittarsi della pancia per trasformarla in consenso.
QUI L'ARTICOLO INTEGRALE: Comunicare bene in rete, le regole (che tutti dovrebbero seguire) per una internet migliore
QUI L'ARTICOLO INTEGRALE: Comunicare bene in rete, le regole (che tutti dovrebbero seguire) per una internet migliore
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