di Bruno Mastroianni
Web o no, la questione è da sempre la stessa: se si devono affrontare divergenze c’è bisogno di curare il clima di pace e collaborazione. Discutere è occuparsi costantemente dei due livelli di ogni comunicazione: il contenuto di ciò che si dice e la relazione con l'altro. In una specie di paradosso: proprio per mantenere la focalizzazione sui contenuti bisogna curare molto la relazione. Occorre insomma lavorare a una specie di pace interiore e fare in modo che questa pace si trasformi in volontà di stabilire una relazione con gli altri che interagiscono.
Le alternative sono due: o si cura questa dimensione o si perde il tema. L’indifferenza, infatti, o il non impegno sulla parte relazionale, favorisce comunque il clima di conflitto. La discussione si può presentare gradevole e fiduciosa solo se si coltiva attivamente la serenità dello scambio. Se c’è tensione tutto si complica, fino a rendere impossibile ogni confronto.
Come creare un clima favorevole al confronto? Occorre agire su tre livelli:
1. superare la mentalità di contrapposizione a cui siamo stati abituati dai media;
2. scegliere consapevolmente certi modi di esprimerci nell’interazione con l’altro;
3. imparare a lasciar cadere le espressioni altrui che ci portano a reagire in modo ostile.
Litighiamo perché siamo stati educati a gestire ogni tema come fosse sempre binario: sì/no, favorevole/contrario, giusto/sbagliato, lecito/ illecito. Litighiamo perché usiamo espressioni o parole che – al di là dell’intenzione – creano distanza con l’interlocutore. Infine litighiamo perché ce la prendiamo quando l’altro usa modi che ci provocano, ci feriscono, ci fanno sentire messi al muro.
In retorica si sostiene che, prima di affrontare un dialogo, occorre verificare se ci siano le condizioni minime per il confronto. Ad esempio: se c’è un reale interesse per l’opinione dell’altro, se si è disposti a imparare qualcosa, se si ascolta davvero o si pensa solo a contraddire, se si argomenta invece di imporre. Oggi però in condizione di disputa generalizzata e trasversale non è sempre possibile scegliere. Pensiamo ai già citati gruppi di WhatsApp di genitori delle scuole, ma anche a mille altre situazioni in cui, se non interveniamo, il litigio influirà sulla nostra realtà sociale.
È stato studiato che l’effetto trolling – cioè il commentare in modo aggressivo e o ensivo sui social e online – dipende non solo dalla cattiva disposizione del soggetto che aggredisce, ma anche dal contesto della discussione: i troll lasciati liberi di inveire senza interventi, stimolano interventi negativi degli altri partecipanti. In una discussione, chiunque può trasformarsi in un troll.
Bisogna allora entrare nell’ottica che “pacificare il dialogo” è una competenza di base quanto quella di sapersi spiegare, affrontata nelle pagine precedenti. L’uso delle espressioni giuste può essere un valido supporto a proporre e invitare gli altri alla serenità disputante.
Come fare? Continua ne La disputa felice.
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