Molte delle interazioni sui social diventano aggressive per un motivo su tutti: esporsi costa fatica. Quando discutiamo, siamo coinvolti non solo intellettualmente ma anche esistenzialmente: le idee che difendiamo o proponiamo rappresentano il nostro mondo, i nostri riferimenti, la nostra realtà così come la conosciamo e in cui ci riconosciamo. Quando qualcuno le mette alla prova sentiamo che a esser messa in discussione è la nostra stessa identità .
È allora che, per difenderci, facciamo quello che farebbe qualsiasi essere vivente di fronte al pericolo: ci nascondiamo.
Ci sono diversi modi per nascondersi in una conversazione:
- dietro ai principi: ad esempio quando usiamo espressioni come "questo è sbagliato in sé e non si discute", "la verità va difesa", "è inaccettabile mettere in dubbio questa cosa...", ecc.
- dietro a un ruolo: "io insegno questa materia da 10 anni", "io sono un professionista del campo", "io sono riconosciuto come…", ecc.
- dietro a un’autorità : "lo dice la Costituzione", "lo dice la Scienza", "lo dice l’Europa", "lo dice il Vangelo", ecc.
- dietro alle proprie reazioni emotive: "non voglio discutere con te perché quello che dici mi offende", "di fronte all'ignoranza non rispondo", "se usi questo tono non sei degno di risposta", "ti saluto", ecc.
Questi modi, apparentemente spontanei, in realtà sono sottili strategie per frapporre qualcosa tra noi e l’altro per evitare di affrontare il conflitto. Vere e proprie manovre evasive per scongiurare lo sforzo di argomentazione e spiegazione delle proprie idee e posizioni. Manovre che, invece di dissipare, aumentano la tensione nelle discussioni.
Elogio dei limiti
Il paradosso è che proprio quando la tensione cresce (a causa delle affermazioni "sfidanti" dell'altro) l'unica vera via per gestire il confronto è proprio quella di esporsi. Non percepirsi infallibili, non pensare di avere sempre e solo argomenti incontrovertibili, riconoscere quando l’altro è più convincente (per lo meno farlo dentro di sé), rende più autorevoli e dà di nuovo fiato alla conversazione.
L'ideale sui social è pubblicare costantemente "in bozza": scrivere cioè con la consapevolezza che ci sarà sempre un aspetto tralasciato, una prospettiva in più che va considerata, un'obiezione a cui rispondere (anche quando espressa in modo scomposto).
Chi si pone così, di solito, è in grado di riportare quasi ogni discussione in carreggiata, spiegandosi, dissipando i conflitti, guadagnando sul campo autorevolezza e fiducia.
Per mantenere sempre una prospettiva "esposta" occorre:
- muoversi anzitutto dal proprio perimetro, attenersi a ciò che si ritiene vero perché vagliato personalmente;
- parlare solo se si ha davvero qualcosa da aggiungere a ciò che stanno dicendo gli altri;
- separare nelle argomentazioni ciò che viene dalle proprie personali impressioni da ciò che è nei dati, nei fatti e negli argomenti fondati;
- non ripetere cose di altri non messe alla prova fino in fondo.
Con questo atteggiamento si traccia il proprio perimetro realistico di competenze e si espongono le proprie posizioni in modo sincero, esplicitando le proprie aspirazioni e intenzioni, senza trucchi.
È un modo per tenere assieme il piano delle argomentazioni con il piano della relazione con l'altro: si ricorda che nella discussione si è tra persone e si evita di scadere nello scontro tra principi e prese di posizione impersonali.
In un confronto, chi sa riconoscere propri limiti mostra di affidarsi alla forza delle sue argomentazioni (e il suo atteggiamento invita anche gli altri a farlo). Chi perde le staffe tradisce una certa debolezza a cui deve in qualche modo supplire. Tutti quelli che leggono, pur non partecipando al confronto, se ne accorgono.
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