di Bruno Mastroianni, Metro, 3.11.2016
La scorsa domenica ci sono stati due terremoti: uno reale, l’altro virtuale. Per interminabili minuti un scossa irreale di magnitudo 7.1 (quella vera si è rivelata di 6.5) è stata diffusa da influencer (i personaggi più attivi e seguiti sul web), dai giornali online e in tv. Non è bastato il richiamo responsabile di molti, in quei momenti, all’attesa delle informazioni verificate. Il dato si è propagato, rilanciato da migliaia di account.
Di fronte a questa ondata di disinformazione – che ormai si ripete a ogni emergenza – possiamo indignarci e inveire contro l’incapacità del web di informare, oppure possiamo cercare di capire cosa è successo. Chi è più influente (media compresi) si è lasciato trasportare dall’ansia di arrivare per primo e agganciare il flusso di interesse. Da parte di tutti gli altri è scattato un riflesso del passato: pensare che se una notizia la diffondono i “grandi” è attendibile. Non c’è da spaventarsi se ci scopriamo creduloni: come esseri umani lo siamo sempre stati. Prima eravamo creduloni allo stesso modo, solo che si vedeva di meno (non pubblicavamo le nostre sciocchezze) e c’era sempre qualcuno – i media – a filtrare per noi ciò che era attendibile o no. Almeno potevamo prendercela con loro, ora – in questa ansia acchiappa-click in cui cadono anche i più blasonati – il “lavoraccio” lo dobbiamo far da soli. In quel palmo con cui quotidianamente afferriamo lo smartphone c’è, letteralmente nelle nostre mani, la finestra sul mondo. Non è il web a oscurarne i vetri, siamo noi a doverla tenere ben aperta.
Una ricostruzione della vicenda QUI
Consigli su come gestire la propria finestra sul mondo QUI
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