di Bruno Mastroianni
La vera novità del Web non è la velocità né l'interattività, non la multimedialità (mi chiedo se abbia ancora senso questo termine) né l'immediatezza... La vera novità del Web è un'altra: tutto si vede, di tutto rimane traccia. Finalmente.
Prima certe cose succedevano ma non si vedevano. Le potevi osservare se vi entravi in contatto, se faticosamente le ricercavi, oppure se le scovava un giornalista e gli veniva concesso da un editore lo spazio per raccontartele. Terribile la vicenda di Tiziana Cantone, odioso il cyberbullismo, il sexting tra adolescenti, i tweet razzisti, l'odio che si diffonde su ogni tema controverso. Tutte cose che esistono da ben prima della Rete. La novità è che il Web, con grande franchezza, le registra e le fa vedere mostrando cosa fanno abitualmente le persone quando entrano in relazione.
Twitter insulta il Papa
Quando Papa Ratzinger - primo Papa della storia - sbarcò su Twitter, ci fu chi si stracciò le vesti: "tutti questi insulti al Papa sono intollerabili". Ebbene non fu Twitter a far nascere l'antipapismo becero, fu solo un modo per guardarlo in faccia, scritto in migliaia di tweet, nero su bianco. Lo sa bene chi, abitando a Roma, era solito ogni mattina ascoltare il discorso medio "da Bar" o ritrovarsi nel traffico imbottigliato nei pressi del Vaticano durante il passaggio della scorta papale: l'unica differenza con i tweet insultanti era l'impossibilità di misurare con esattezza la violenza verbale di ciò che era detto a voce e non scritto.
Da che mondo e mondo, l'uomo insulta, fa cose primitive, reagisce in modo scomposto, mostra segni di involuzione. In una parola ha bisogno di educazione. Il Web sta avendo il merito di portare alla luce tutte queste cose, rendendole osservabili, esplicite e accessibili, senza grandi sforzi o investimenti.
Viva gli imbecilli
"I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività", la famosa affermazione di Umberto Eco va presa molto sul serio: è una grande occasione. Mentre prima l'imbecillità, la superficialità, la violenza, i soprusi, i maschilismi, le xenofobie, i razzismi, rimanevano in cerchie spesso invisibili e difficilmente misurabili se non attraverso complessi studi, ora vengono a galla sotto gli occhi di tutti tra i tweet e i commenti dei nostri collegamenti. Sono lì davanti a noi in bella mostra e, proprio perché tali, ce ne possiamo occupare in modo diretto e efficace.
È normale sentirsi un po' spaesati. Da qui una doppia deriva che sta caratterizzando la riflessione sui social e che, a mio avviso, nasce dal rifiuto di guardare in faccia con chiarezza e sincerità come siamo messi: a nessuno piace ammettere che l'uomo oltre che libero ha grossi limiti.
Struzzi o aquile?
È per questo smarrimento che taluni preferiscono fare gli struzzi: piuttosto che affrontare la realtà ficcano la testa sotto la sabbia. In questa scia vi sono tutti quelli che propongono solo prevenzione: dato che i social mostrano tante storture, basta guardasene e spegnere i dispositivi al momento giusto. Come se mettere su off e astenersi con saggezza risolvesse il problema. In realtà, mentre si tirano fuori da tanta immondizia, quella rimane e si accumula per tornare, prima o poi, sotto forma di ignoranza e incapacità di visione, che affliggerà tutti in democrazia, al di là che siano o no connessi.
Dalla parte opposta ci sono le aquile. Gli studiosi che volano alto che analizzano freddi e scientifici le derive più preoccupanti, restituendole sotto forma di studi lucidi e rigorosi. Una cosa opportuna e utile ma che talvolta porta - a forza di ragionare da distanza - a descrivere l'umanità primitiva online come se non ci riguardasse e da lì bollare come approssimativi, inutili e goffi, tutti i tentativi di far qualcosa. Rientrano in questa deriva quei profeti di sventura che, senza stare online, ne descrivono le mancanze rispetto alle epoche d'oro in cui gli uomini con carta e penna erano molto più nobili (giusto per ricordare: totalitarismi, guerre mondiali e bomba atomica furono inventati nel virtuosissimo mondo analogico).
Noi, volatili minori
In mezzo ci siamo noi poveracci: gente comune, passerotti presenti online semplicemente perché lavorano, vivono, socializzano come tutti gli altri. Pronti a entrare in relazione ma anche un po' accorti. Sappiamo dare fiducia e confrontarci fino a che non diventi una minaccia. Cerchiamo di stare nel Web per avere informazioni e contenuti, evitando le bufale, le bolle autoreferenziali e le ondate d'odio. Non siamo imponenti come gli struzzi ma almeno sappiamo tenere le nostre testoline sempre sveglie. Non voliamo alto come le aquile ma almeno vediamo le cose quaggiù da vicino con le loro umane sfumature. Cerchiamo di vivere sui social vigili ma coinvolti, ce ne facciamo carico, cercando di trarne qualcosa di buono. Con parecchi risultati.
Ecco di cosa c'è bisogno oggi: guardare la realtà dei social con tutta la lucidità possibile, ma con l'idea di prenderla sulle spalle. Tocca a me e a te, qualsiasi sia il nostro ruolo. Non è mai esistita un'epoca nella storia in cui l'uomo non abbia avuto bisogno di cultura ed educazione per esprimersi al meglio. L'epoca della tecnologia digitale non è da meno. Con un chiaro vantaggio: le derive umane negative - che prima individuavamo a tentoni e con grande dispendio di risorse - ora sono davanti ai nostri occhi quotidianamente, ogni volta che scrolliamo le timeline sui nostri smartphone.
Può far paura, può generare rifiuti o intellettualistici distacchi. Oppure può aiutarci a essere più umanamente concreti: ce n'è abbastanza per darsi da fare e apprezzare ancora di più quel grande potere che ci è stato dato - che si chiama libertà - e che aspetta solo di essere vissuto fino in fondo.
Coraggio volatili minori, facciamoci avanti, proprio perché non siamo speciali, siamo quelli giusti. Il Web siamo noi in connessione: come è, e sarà, dipende solo da noi. Don't fear the spaventapasseri.
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